È su questa immensa scacchiera che i pianificatori giapponesi misero a punto le audacissime mosse poi attuate nel dicembre 1941. Per rendersi conto di quanto fosse ambizioso il piano dell'esercito, basti dire che prevedeva questo doveva essere realizzato con la massima economia di forze, in sbalorditivo contrasto con i giganteschi eserciti che si stavano battendo in Europa. L'esercito giapponese, che ancora nel 1936 contava appena 18 divisioni, aveva bensì conosciuto in un quinquennio una crescita spettacolare, sicché nell'autunno 1941 ne contava ben 51. Quasi tutte, però, erano impegnate sul continente asiatico: in Cina, dove la resistenza cinese non accennava a cedere nonostante la la conquista simultanea di Thailandia, Birmania, Malesia, Filippine, Borneo britannico e Indie Orientali olandesi, oltre a Hong Kong e all'isola di Guam: ovvero una superficie di 3 milioni e mezzo di kmq, pari a undici volte l'Italia. E tutto spettacolare avanzata delle forze giapponesi, e in Manciuria, dove la guerra non dichiarata combattuta contro i sovietici nell'estate 1939 si era risolta in un'imbarazzante sconfitta. All'inizio di novembre del 1941 l'Armata del Kwantung schierata sul confine fra il Manciukuo, la Mongolia e l'URSS assorbiva 14 divisioni; l'Armata del Nord della Cina, col comando a Pechino, 8 divisioni; il Gruppo d'Armate Cina, col comando a Nanchino, 16 divisioni; 2 divisioni erano stanziate in Corea, una a Taiwan, una nell'Indocina francese, una nell'isola di Hainan, e 8 in Giappone. Tutte le divisioni che sarebbero state impegnate nella conquista del Sud-Est asiatico dovevano essere sottratte a questo schieramento.
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