Era un afoso venerdì di fine primavera, il 15 giugno 1917. L'Esercito Italiano e quelli delle potenze alleate venivano consacrati al Sacro Cuore di Gesù. Già due anni prima, il 10 gennaio del '15, Benedetto ⅩⅤ aveva rinnovato la consacrazione del "genere umano", voluta da Leone ⅩⅢ quindici anni prima. Adesso toccava all'Esercito e la guerra diventava "santa", ammantata da un alone di sacralità. La consacrazione era considerata un'inevitabile forma di controllo da parte della Chiesa nei confronti di milioni di soldati che già dall'inizio del conflitto si erano abbandonati a pratiche religiose, superstizione e riti scaramantici che adesso dovevano necessariamente essere monitorati e regolamentati in base ai dettami dell'autentica cristianità, evitando sincretismi, credenze popolari e pratiche devozionali estranee alla dottrina cattolica. Questa iniziativa fu promossa da padre Agostino Gemelli e serviva, oltre a disciplinare l'aspetto religioso, a indottrinare militarmente ed esercitare, tramite apposite tecniche di propaganda psico-motivazionale, i soldati.
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